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Imparare Felicemente: l’animazione educativa a scuola

Giochi sulle emozioni, tecniche di mindfullness, musicalità, contatto consapevole con la natura: vediamo cos’è l’animazione educativa. A proporre una riflessione in proposito è il pedagogista clinico Luciano Guazzi, che tenta di rendere più coinvolgente ed interessante i processi educativi. Una dinamica relazionale efficace fin dal primo momento in cui viene proposto un gioco o una lezione scolastica: è, secondo Guazzi, il “segreto” dell’animazione educativa, una serie di metodi pedagogici che mirano «a rendere più coinvolgente ed interessante il progetto che viene proposto e, quindi, più efficace il processo educativo collegato».

Luciano Guazzi, pedagogista clinico e animatore educativo, da più di 25 anni, si occupa di formazione e animazione in ambiti formali e informali, oltre che in attività residenziali come i soggiorni di vacanza per minori e con le scuole. «La formazione, lo sviluppo delle competenze l’educazione sono i principali obiettivi che si pone la scuola ma se non si lavora sulla qualità delle relazioni nessuno di questi potrà mai essere raggiunto. Quello che muove l’azione del bambino e del ragazzo è infatti la motivazione che deriva dal camminare insieme sia che si tratti di questioni didattiche e quindi più legate al cognitivo che di attività ludiche» spiega Guazzi per presentare “Felice-mente”, il progetto in cui ha riunito tutte le tecniche collegate all’animazione educativa.

«L’animazione è un processo complesso – spiega Guazzi – nell’ accezione comune viene vista come una modalità di intrattenimento e divertimento ma in realtà è qualcosa di molto più grande nell’ambito educativo. Essa utilizza la simpatia, la famigliarità, l’intelligenza emotiva, l’empatia e la creatività come strumenti per strutturare canali comunicativi funzionali e relazioni efficaci».

Nel progetto “Felice-mente” sono utilizzati giochi sulle emozioni, tecniche di mindfullness, la musicalità, il contatto consapevole con la natura: «tutte azioni che, se applicate quotidianamente con i bambini e i ragazzi e nei gruppi, migliorano la qualità della relazione, la motivazione, l’empatia. Non solo degli “educandi”». «E’ soprattutto l’educatore si sente più sereno, più disponibile a mettersi in gioco, ad accettare i propri limiti come risorse – spiega il pedagogista – Perché sono educatori, insegnanti e genitori i primi a dover cambiare prospettiva in questo metodo educativo. Un percorso comune dove adulti e ragazzi diventano più positivi verso se stessi e quindi acquisiscono una capacità di affrontare le situazioni sotto altri punti vista, generalizzando le problematiche senza focalizzarsi sulle questioni specifiche, imparando quindi la resilienza e il “reframing”, cioè la riformulazione del pensiero in modo di valutare le situazioni in modo positivo.

Ogni azione educativa, inoltre, è spinta dalla necessità di conoscere meglio bambini e ragazzi. I loro bisogni, i loro mondi, i loro linguaggi, oggi gli adulti li conoscono veramente poco, sovente limitandosi a giudicare i comportamenti senza comprenderli» sottolinea Guazzi. Luciano Guazzi, insieme al team dell’associazione NuevaIdea che si occupa di soggiorni di vacanza per minori e con le scuole, ha costruito un laboratorio permanente, chiamato “Ritmo Educativo” che ha l’obiettivo di studiare, aggiornare e ideare nuove modalità animative educative, con un focus particolare a tutte le situazioni che richiedono attenzioni speciali (come DSA e BES, bullismo, integrazione, etc…).

Il Progetto Felice-mente propone molti insegnamenti presenti nello yoga e nel rilassamento, tecniche che, pian piano, stanno entrando nelle scuole italiane dalla scuola dell’infanzia in su. Alla base, infatti, ci sono modalità respirazione e di controllo delle emozioni, simili a quelle pratiche già introdotte in via sperimentale in diverse scuole. «La differenza sta nell’utilizzare queste competenze non il lezioni specifiche ma ogni giorno, al momento del bisogno – puntualizza Guazzi – Noi non proponiamo, infatti, interventi brevi, come lezioni o conferenze di approfondimento sul tema delle emozioni. Al contrario Felice-mente propone strumenti con cui è possibile applicare l’animazione educativa dalle 8 di mattina alle 4 di pomeriggio. Per questo fatichiamo a superare le barriere d’ingresso nella scuola più tradizionale».

In Italia, in effetti, non esiste una statistica sull’applicazione di questa metodologia, che è ancora lasciata all’iniziativa dei singoli docenti e a pochi progetti strutturati. «Le esperienze più articolate finora riguardano il progetto “Studenti animatori”, realizzato per 6 anni a Vicenza coinvolgendo tutti gli istituto superiori della città, e un analogo progetto realizzato con le medesime modalità per 4 anni a Cuneo. Abbiamo diffuso la cultura dell’animazione ai ragazzi adolescenti sperimentandola con loro in prima persona attraverso attività residenziali – racconta Guazzi – In seguito questi ragazzi si sono impegnati per fare animazione in prima persona con i propri compagni in progetti coordinati e strutturati con docenti referenti. Uno degli effetti più importanti del progetto infatti è stato quello di aver creato gruppi di studenti animatori che ancora oggi a distanza di anni organizzano attività autonome nelle proprie scuole».

Qualche dato pratico sull’applicazione dei principi alla base dell’animazione educativa, invece, arriva da Oltreoceano: «Negli Stati Uniti è stato applicato un metodo simile in diversi quartieri degradati e ciò ha provocato un rendimento scolastico superiore del 30% nei soggetti più a rischio» argomenta Guazzi.

Dalla collaborazione di un’équipe di ingegneri e del pedagogista Guazzi è nato anche l’edificio scolastico ideale dove rendere più concreti i principi del progetto “Felice-mente”. «L’abbiamo chiamato School House – spiega Guazzi – perché è anzitutto una scuola accogliente, dove i ragazzi possano provare piacere ad andare». Finora quel progetto è stato presentato ad un solo concorso per la creazione di una nuova scuola secondaria di primo grado, senza però essere selezionato per la realizzazione. Nella “School House” non esistono classi ma solo aree di esperienze, malleabili e adattabili con pareti mobili o arredi mobili a seconda che li si voglia utilizzare per piccoli o grandi gruppi, per un’attività o per un’altra. «Un ambiente in cui il bambino possa svilupparsi liberamente proprio come diceva Maria Montessori» conclude Guazzi.

Lucia Panagini

Pubblicato il 15 ottobre 2018 – “Tutta un’altra scuola” 

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